Elettrico o non elettrico, questo è il problema

Malgrado i continui progressi nel settore delle batterie, non si vedono in giro molte auto elettriche qual è il motivo?

Vale la pena di ricordare che l’auto elettrica ha una storia particolare. Agli inizi del novecento quando ancora non esisteva una produzione massiccia di idrocarburi, l’idea dell’auto elettrica era la più diffusa ed il suo sviluppo era considerato come un opzione praticabile. Per questo motivo furono elaborati e realizzati diversi modelli tra i quali anche un prototipo alimentato con una batteria Ferro-Zinco da parte del grande Thomas Edison.

Il periodo di splendore delle auto elettriche fu però breve, superate dal più economico Modello T prodotto da Ford nel 1908. La questione però non fu solo economica; come abbiamo già detto in un altro contributo (CS2016), nella prima guerra mondiale avevano debuttato tre nuovi strumenti militari, tutti funzionanti con motori a combustione alimentati a benzina o a derivati del petrolio, le automobili e i camion, i carri armati, e gli aeroplani.

I mezzi militari (ma anche quelli utilizzati ad uso civile in ambito agricolo e industriale) dovevano muoversi con la massima autonomia ed essere di potenza e peso adeguati agli usi. E’ chiaro che un motore elettrico può superare in efficienza un motore a combustione anche di un 60% ed avere una potenza assai elevata (basti pensare ai locomotori). Del resto, esistono numerosi esempi di camion, pullman e veicoli industriali elettrici ma il loro limite è proprio che devono essere alimentati con elettricità che deve essere immagazzinata.

Ed è proprio questo il dato essenziale da tenere sempre a mente quando si confronta un veicolo totalmente elettrico con un veicolo con motore a combustione, la densità di energia del combustibile per unità di massa e di volume. Il grafico sotto mostra chiaramente che i combustibili convenzionali (benzina e diesel) vincono per leggerezza e dimensioni sulle batterie (ed anche sull’idrogeno).

Figura 1 – Densità di energia per unità di massa e volume di fonti diverse.

Dunque, qualsiasi scenario volessimo disegnare sarebbe difficile pensare che in un futuro prossimo il veicolo a combustione possa sparire totalmente. Vi saranno sempre usi per i quali la potenza necessaria e l’autonomia del veicolo in rapporto con la densità di energia del combustibile renderanno assai più comodo l’uso del motore a combustione.

Fatte queste dovute premesse, il passaggio ad un sistema di mobilità basato su veicoli elettrici dovrebbe avere essenzialmente due vantaggi; A) riduzione delle emissioni inquinanti e B) riduzione dell’uso dei combustibili convenzionali qualora una quota parte dell’energia elettrica necessaria alla ricarica delle batterie venisse prodotta attraverso fonti rinnovabili.

Sul primo punto è evidente che il vantaggio sarebbe tanto più apprezzato nei centri urbani dove il problema dell’inquinamento e dei suoi effetti sulla salute umana obbliga a leggi restrittive.

Per quanto riguarda la riduzione dei combustibili convenzionali e l’uso delle energie rinnovabili, è opportuno ricordare che le tasse e le accise sui carburanti rappresentano per lo Stato Italiano una voce importante del bilancio e che la massiccia sostituzione delle auto a combustibili convenzionali con auto elettriche vedrebbe una riduzione di questa fonte di gettito inaccettabile per le casse dello stato. La diffusione dell’auto elettrica, se avverrà, andrà di pari passo con una tassazione sull’energia elettrica per la ricarica almeno equivalente a quella sui combustibili convenzionali. Questa eventualità ha precedenti storici come sappiamo bene. Tasse e accise su GPL, gasolio e metano sono aumentate in proporzione alla diffusione di questi veicoli sul mercato. Ricordiamo che, il costo industriale di un litro di benzina compresa la distribuzione senza tasse e accise sarebbe di circa 41 centesimi.

Volutamente non affrontiamo alcuni problemi relativi alla trasformazione di una mobilità basata su veicoli elettrici ma li accenniamo soltanto. 1) La possibilità di ricaricare veicoli privatamente dovrebbe comportare un diffuso aumento della potenza contrattuale dei clienti. Immaginiamo un condominio in cui durante la notte simultaneamente si dovesse provvedere al caricamento di 30-50 automobili parcheggiate. 2) La rete elettrica dovrebbe uniformarsi all’enorme aumento della richiesta di energia elettrica incrementando la produzione sia da parte delle centrali convenzionali che della quota rinnovabile. Per contro, un parco di veicoli elettrici rappresenterebbe, se ben gestito, un serbatoio diffuso di immagazzinamento dell’energia elettrica, un sistema di backup in cui scaricare la sovrapproduzione da rinnovabili

Tuttavia, come abbiamo già spiegato in un altro contributo (CS2016), la quota rinnovabile attualmente rappresenta solo una parte limitata della produzione complessiva di energia. Quindi, il passaggio alla mobilità elettrica renderebbe necessario la costruzione di nuove centrali in grado di soddisfare la richiesta complessiva. Si consideri inoltre che la quota di rinnovabile da fotovoltaico si riduce proprio durante la notte che è il periodo di tempo in cui sarebbe massima la richiesta di energia elettrica per la ricarica dei veicoli parcheggiati.

Avendo sgombrato il campo da una serie di equivoci che attraggono molti fautori dei veicoli elettrici convinti di pagare l’energia elettrica per la ricarica dell’auto meno di quanto pagano un combustibile convenzionale, affrontiamo ora il problema del confronto tra veicoli con motori a combustione e veicoli elettrici.

Il Sole 24 ore recentemente ha pubblicato un articolo, citando uno studio fatto dagli analisti dell’ Bloomberg New Energy Finance, un in cui si afferma che è questione di pochi anni (2040) per vedere le auto elettriche soppiantare quelle con motori a scoppio e combustibili convenzionali. L’articolo scommette proprio sull’auto elettrica stimando incremento di prestazioni e riduzione dei costi. Noi, analisti permettendo, ci concentriamo sulla situazione attuale.

Le auto elettriche presenti sul mercato italiano sono prodotte da 8 case automobilistiche diverse per un totale di circa 31 allestimenti ed in alcuni casi è possibile fare il confronto con modelli alimentati a benzina, diesel o GPL. Ad esempio, nella tabella seguente è possibile osservare i diversi modelli elettrici proposti in rapporto alla potenza ed al prezzo e paragonati (quando esistono) con i relativi modelli classici alimentati con benzina, diesel o GPL. Nel caso del modello elettrico è stato considerato sempre l’allestimento più economico. I prezzi delle vetture elettriche variano comunque tra i 22.100 euro della Renault Zoe ai 41.680 euro della Mercedes.

Tabella 1 – Confronto potenza e prezzo di alcuni modelli elettrici con modelli convenzionali.

Il confronto mostra che i modelli elettrici hanno costi superiori del 59-89% rispetto ai modelli analoghi a benzina e/o gasolio più a buon mercato. Fa eccezione la sola BMW che evidenzia per il suo unico allestimento elettrico una riduzione del 11% del prezzo rispetto al modello a benzina. Tuttavia, in questo caso, siamo in una fascia di mercato decisamente alta per una macchina di così piccole dimensioni.

Potremmo dire allora che non si vedono auto elettriche perché costano troppo.

Gli incentivi e le agevolazioni all’acquisto ed all’uso sono scarsi e di solito erogati quasi sempre dalle stesse case automobilistiche o dalle regioni. Ad esempio, in alcune regioni d’Italia le auto elettriche sono esentate dal pagare il bollo, hanno libero accesso alle Zone a Traffico Limitato e possono avere sconti sul RCA. Qualcuno potrebbe suggerire che costano troppo perché se ne vendono poche e questo in parte e vero ma, se andiamo a confrontare queste auto dal punto di vista squisitamente meccanico ci rendiamo conto del perché se ne vendono così poche.

Per semplificare le cose ci limiteremo alla valutazione della Kia Soul che appartiene ad una fascia di mercato medio-bassa e si propone con tutti i tipi di alimentazione possibili. In alternativa valuteremo il van Nissan Evalia interessante per necessità legate al piccolo trasporto.

Tabella 2 – Confronto prestazioni di alcuni modelli elettrici con modelli convenzionali.

Nella Kia Soul, la potenza ridotta del modello elettrico rispetto ai modelli a combustibile (81 kW contro i 96-100 kW), si paga in termini di velocità massima. A parte questo dato, l’altro limite evidente è quello dello spazio del bagagliaio che si riduce di circa il 35% .

Il Van Nissan riesce a mantenere spazio nel bagagliaio ma anche con una potenza equivalente di 80 kW non raggiunge i 125 km/h.

Passiamo ora all’aspetto determinante relativo ai consumi e all’autonomia. Anche in questo caso useremo gli stessi modelli per i confronti. Valuteremo il consumo nel ciclo urbano e la relativa  autonomia.

Tabella 3 – Confronto consumi ed autonomia di alcuni modelli elettrici rispetto a modelli convenzionali.

Il confronto evidenzia che, al di fuori del ciclo urbano, i veicoli elettrici disponibili sul mercato sono assolutamente improponibili considerata la loro autonomia ed i tempi di ricarica. Del resto nessuno acquista un auto per muoversi esclusivamente all’interno delle città. Anzi, molti preferiscono muoversi con mezzi pubblici, taxi o car sharing nelle città e con il mezzo proprio nei viaggi lunghi durante le vacanze o il week end.

Immaginate le ferie di Agosto effettuate con veicoli elettrici, potremmo a buon ragione parlare di esodo biblico. Utilizzando la Soul Eco, percorreremmo 600 km in circa 43 h e con l’Evalia in circa 33 h. L’autonomia di un veicolo elettrico è mediamente quattro volte inferiore a quella di un auto convenzionale. Qualcuno potrebbe supporre che una ricarica rapida sarebbe la soluzione del problema. Purtroppo, al crescere della velocità di carica (rate) di una batteria si riduce la capacità di carica della stessa riducendone comunque l’autonomia.

A questo dato se ne deve aggiungere un altro meno evidente. In ogni ciclo di carica/scarica una batteria perde una piccola percentuale della carica iniziale e quindi della sua autonomia. Questo effetto detto “capacity fading”, ben noto a tutti i possessori di cellulari, comporta che dopo un certo numero di cicli di carica/scarica la batteria deve essere sostituita in quanto la sua autonomia diventa troppo bassa (in genere tale sostituzione si dovrebbe fare quando si raggiunge l’80% del valore originario). Oltre il ciclaggio anche il tempo di vita e la temperatura di immagazzinamento giocano un ruolo attivo sul capacity fading. Normalmente si ritiene accettabile un fading di -0.1% per ogni ciclo di carica scarica. Questo significa che, dopo circa 200 cicli di ricarica il pacco batterie dell’auto andrebbe sostituito e ciò significa dopo due o tre anni di utilizzo (42.400 km per la Kia Soul Eco).

Il capitolo sulle emissioni merita un discorso a parte. Infatti, la continua evoluzione dei sistemi di abbattimento del particolato (Euro5, Euro 6, etc) e delle prestazioni dei motori a combustione rende difficile una valutazione equilibrata. Comunque, un veicolo elettrico assorbe energia elettrica che viene prodotta anche a partire da combustibili convenzionali. Ad oggi la stima in rapporto alle emissioni di CO2 dovuta ai veicoli elettrici è di circa 50 g/km, minore certamente dei veicoli a combustione più moderni che sono sui 100 g/km. Tuttavia, i motori a combustione progressivamente stanno riducendo le loro emissioni e con l’avvento dei veicoli ibridi si avviano ad essere maggiormente appetibili anche sotto questo aspetto.

Figura 2 –Tesla, la geniale utopia?

Un discorso a parte merita la Tesla, un auto elettrica targata USA e salita alla ribalta per le sue prestazioni eccezionali. Il modello S commercializzato nel 2012 con batterie da 60 kWh ha un’autonomia di circa 390 km, mentre nella versione da 85 kWh  la stima si aggira intorno a 502 km di autonomia. Le prestazioni in termini di velocità (190 km/h) ed accelerazione (da 0 a 100 km/h in 6.2 sec) sono notevoli. Ma a parte questi dettagli ed il non trascurabile costo minimo di 80.000 Euro (modello S da 70 kW), la vera forza sembra basarsi sul sistema di ricarica veloce il cosiddetto “Supercharger” che consentirebbe la ricarica all’80% in 40 minuti (qualche ora senza supercharger). Tanto di cappello alla Tesla ma, anche 40 minuti in stazione di servizio dopo aver speso 80.000 euro direi che francamente sono ancora troppi. Quindi se di futuro si tratta non appare prossimo.

Figura 3 – Caratteristiche di ricarica della Tesla in stazioni con Supercharger.

Molto più pragmatico è l’approccio basato sui già citati veicoli ibridi dei quali vale la pena parlare. Rappresentano un alternativa ad entrambi i sistemi di trazione (elettrico e termico). Si tratta di automobili dotate sia di un motore a combustione che di un motore elettrico. Esistono due schemi costruttivi principali per l’integrazione di un motore termico ed una macchina elettrica: l’ibrido serie e l’ibrido parallelo. La combinazione dei due dà origine all’ibrido misto.

Nell’ibrido serie il motore termico non è collegato alle ruote ed ha il compito di generare la corrente per alimentare il motore elettrico che la trasforma in moto, mentre l’energia superflua viene utilizzata per ricaricare le batterie. Il maggiore svantaggio degli ibridi serie consiste nella seria riduzione di efficienza rispetto ai motori solo termici in condizioni di elevata e costante velocità (ad esempio a 130 km/h in autostrada). Questo è causato dal fatto che nella conversione termico-elettrico-moto parte dell’energia viene persa mentre non accadrebbe con una trasmissione diretta.

L’ibrido parallelo è caratterizzato da un nodo meccanico di accoppiamento della potenza, per cui entrambi i motori (l’elettrico ed il termico) forniscono coppia alle ruote. Il motore termico può inoltre essere utilizzato per ricaricare le batterie in caso di necessità. Il vantaggio maggiore di questo schema sta nell’eliminazione delle marce basse (quelle che consumano più carburante) e del consumo a ruote ferme o a passo d’uomo. Inoltre permette cilindrate più basse in quanto alla massima velocità il motore termico può essere supportato da quello elettrico (anche se solo per qualche chilometro).

Infine abbiamo gli ibridi misti che sono caratterizzati da un nodo meccanico, come negli ibridi paralleli, e da un nodo elettrico, come negli ibridi serie.

Il secondo ed il terzo schema sono i più diffusi nelle auto ibride. Il motore elettrico viene alimentato da batterie che possono essere ricaricate utilizzando direttamente il motore a combustione e l’alternatore oppure, in alcuni modelli, anche collegandosi alla rete elettrica (sistemi plug in). Ovviamente in queste automobili il pacco batterie è più piccolo e più leggero di quello di un auto totalmente elettrica come anche il motore elettrico. La funzione dell’ibrido è infatti solo quella di ridurre nei percorsi urbani il consumo di carburante e il relativo inquinamento.

Sul mercato italiano esistono 42 modelli e 143 allestimenti di auto ibride e in alcuni casi i prezzi sono simili a quelli dei modelli con motore a combustione. Di tutti i modelli, soltanto sei hanno un prezzo inferiore ai 30.000 Euro di cui cinque prodotti dalla Toyota ed uno dalla Lexus.

Va precisato però che non tutti gli ibridi sul mercato sono veri ibridi nel senso sopra specificato. Ad esempio, la Honda non utilizza lo stesso sistema ibrido di Toyota che a sua volta non usa lo stesso sistema della Citroen.

Distinguiamo infatti tra Micro Hybrid in cui semplicemente è presente un sistema Start/Stop che sfrutta cioè la tecnologia della frenata rigenerativa che viene immagazzinata in una particolare batteria e tale energie è utilizzata nelle ripartenze.

Abbiamo poi il sistema Integrated Motor Assist (IMA) montato dalla Honda e dalla BMW. Si tratta di un Mild Hybrid. Queste auto sono dotate di un piccolo motore elettrico in genere interposto tra propulsore principale e frizione (e quindi tra motore e cambio) che si occupa di fornire della potenza supplementare alla trazione. Quindi il motore termico oltre a sfruttare il sistema start and stop viene supportato dal motore elettrico in fase di accelerazione. In decelerazione invece l’energia viene utilizzata per ricaricare le batterie.

Le auto ibride più interessanti sono però quelle che sfruttano il sistema Full Hybrid come le Toyota Prius, Auris e Yaris HSD e la Lexus CT200h.  Queste auto sono in grado di percorrere piccolo tratti  a emissione zero ed in sola modalità elettrica impossibile con le mild-hybrid. Le auto sopra citate sfruttano motori a ciclo Atkinson. In questo tipo di motori  il rapporto di espansione e’ maggiore del rapporto di compressione, il che porta ad una maggiore efficienza rispetto ai motori a ciclo Otto ma ad una minore potenza che viene compensata dal motore elettrico.

Infine abbiamo le cosiddette Plug-in hybrid electric vehicle (PHEV). Si tratta di auto ibride (es. Toyota Prius Plug-in) in cui le batterie vengono ricaricate anche tramite una fonte elettrica esterna. A queste auto si affiancano le “Extended-Range” come l‘Opel Ampera e la Chevrolet Volt che adottato la tecnologia ibrida serie di cui abbiamo parlato sopra. Viaggiano sempre in modalità elettrica e sfruttano il motore termico per ricaricare le batterie. Anche in questo caso le batterie possono essere ricaricate attraverso una presa elettrica.

Insomma, ampia varietà di scelta ma, a differenza dei veicoli elettrici, esistono già automobili ibride a buon mercato ed assolutamente competitive con i modelli normali. Un esempio è proprio la Toyota Yaris, prodotta in 5 allestimenti ibrido a partire da 18.700 Euro. Il sistema della Yaris Hybrid Synergy Drive® (HSD) combina un motore a benzina VVT-i da 1,5 litri con due motori elettrici per permettere un basso consumo di carburante ed emissioni di CO2 ridotte.

Ovviamente in questi modelli la gestione dei flussi di energia fra i vari convertitori (motore a combustione interna, motore/i elettrico/i, trasmissione) ed accumulatori per rispondere ad una data richiesta di potenza (coppia e velocità) da parte del conducente è guidata da sistemi elettronici di controllo e supervisione. Il sistema HSD permette l’ottimizzazione nella produzione e nell’uso dell’energia tra i due motori e consente di recuperare i normali sprechi energetici di un’auto tradizionale. Nelle partenze a bassa velocità il sistema lavora sfruttando esclusivamente il motore elettrico, a maggiori richieste di energia l’HSD provvede ad azionare istantaneamente il motore termico che unendo la propria spinta a quella del motore elettrico garantisce coppia motrice e accelerazione paragonabili a quelle di una berlina con motore tradizionale. Non appena il piede si stacca dall’acceleratore, il motore termico smette di funzionare e dall’inerzia del veicolo la batteria elettrica trae carica, basandosi sulle ruote ancora in movimento. Infine, il pacco di batterie accumula carica anche durante la frenata, con un principio già in uso in altre vetture elettriche (es. Bluemotion Technology della Volkswagen).

Qualora la carica fosse insufficiente per il corretto funzionamento dell’auto, il motore tradizionale si accende per garantire la potenza necessaria. La potenza generata in eccesso dal motore tradizionale viene automaticamente convertita in elettricità e accumulata nelle batterie.

Lo schema sotto evidenzia i confronti tra l’ibrido e i modelli equivalenti benzina o diesel della Yaris.

Tabella 4 – Confronto allestimenti Toyota Yaris benzina, diesel, ibrido.

Come si vede chiaramente, l’ibrido unisce il vantaggio dell’elevata autonomia del motore a combustione insieme a quello del consumo ridotto e delle basse emissioni.

Tabella 5 – Caratteristiche tecniche allestimenti Toyota Yaris benzina, diesel, ibrido.

Sempre per quanto riguarda i consumi è evidente che nel ciclo urbano e combinato l’ibrido è superiore a tutti gli altri mentre in quello extra urbano è competitivo con il diesel.

Tabella 6 – Confronto prestazioni e consumi allestimenti Toyota Yaris benzina, diesel, ibrido.

Per rispondere alla domanda iniziale pare che il futuro prossimo dell’automobile sia ibrido mentre per una trazione integralmente elettrica l’orizzonte appare ancora lontano.

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